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Quanto sta accadendo in questi giorni è il simbolo del fallimento dell’attuale Amministrazione comunale, testimonianza reale di quanto stiamo dicendo ormai da mesi, sui metodi di governo e gestione della nostra città.

La politica è pianificazione, programmazione, concertazione e capacità di mettere a sistema le necessità di ogni cittadino o gruppo di categoria di rappresentanza. Invece assistiamo a metodi di governo autoritari, di una sinistra miope e testarda, incapace di ascoltare le parti, capace invece di negare i fallimenti anche di fronte alle evidenze. Una sinistra che non sa guardare alla realtà, che non vive la realtà, capace solo di mettere tasse su tasse alle nostre famiglie. Una sinistra costretta a cercare il consenso di una piccolissima parte di un clero che non rappresenta noi fedeli e credenti. Quel clero locale politicizzato che tradisce le tradizioni, che non guarda le economie e la ricerca del benessere cittadino, e che della cultura ne ha fatto una questione d’elite pensando che sia solo un questione solo per pochi eletti. 

La gestione della Festa Patronale, da parte del Comune, manifesta tutta l’incapacità di non saper amministrare, di non saper comunicare, di non saper dialogare e soprattutto di non saper ascoltare l’altro. Il fallimento di un progetto politico scellerato che metteva insieme nello stesso gruppo di potere un’insalata di persone con ideologie differenti, alcuni entrati in coalizione, altri invece rimasti fuori ma altrettanto complici di questo fallimento.

Anni addietro, erano gli anni ’90, presentammo un progetto di riorganizzazione della Festa che prevedeva un ridimensionamento degli spazi, la scrittura di regole più ferree da rispettare e un sistema strategico di azioni da mettere in campo. Immediatamente nacquero le proteste e quelli stessi amministratori che oggi in maniera prepotente hanno alzato il muro contro muro si misero in testa al corteo cavalcando la protesta, incuranti della possibilità che allora si stava cercando di aprire tutelando la tradizione della festa e l’innovazione di una nuova organizzazione. Una soluzione che avrebbe potuto mettere tutti d’accordo senza alcuna delocalizzazione, perché quest’ultima non è la soluzione del problema.

Oggi con un colpo di spugna ci vogliono cancellare le tradizioni. Ci dispiace, ma non possiamo essere complici di questo fallimento.

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